Il labirinto

Contest di Natale 2023

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    Spaventapasseri vivente

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    Nota: Lui non conosce nessuno degli admin, quindi la loro caratterizzazione è frutto di fantasia, dice.



    Ogni natale si tiene una grande festa nel magione che dà su una valle di conifere. È un edificio fastoso, antico, sulle cui mura gotiche si arrampicano le eriche. Agli angoli spuntano tetre le statue di quattro Gorgoyle, le facce mostruose a fissare con sempiterno sospetto chi giunge dal vialetto. E dalle lunghe finestre si affacciano le ombre che si contorcono nell'oscurità.
    Tutt'attorno vi è un giardino curato, puntellato di fiori e alberi, e poco più avanti un ampio labirinto di alti cespugli. In mezzo, una piattaforma di marmo al cui centro vi è un'altare di granito. Una statua mostruosa si erge solitaria alle sue spalle per quasi tre metri. Ha il volto demoniaco e due corna caprine che si allungano dalle tempie. I suoi occhi sono gialli, profondi come l'inferno. Ha braccia, gambe e piedi caprini e sulle sue spalle cade una spessa pelliccia. Impugna una frusta nella mano sinistra e nella destra un lungo bastone con la parte superiore spessa.
    Fisso quella statua per un momento. Vi è qualcosa di vivo nei suoi occhi, qualcosa di maligno. Sembrano in attesa.
    «Una statua affascinante, non trovate?» domanda LeonBlack. È un uomo quasi sulla quarantina, dalla pelle mulatta e uno sguardo spento ma vigile, che può ingannare in un primo momento. Indossa un completo nero di seta e i suoi modi di fare sono un poco rigidi, quasi ponderati.
    «Sì, molto affascinante» rispondo.
    Lui abbozza un sorrisetto compiaciuto. «Questa statua è qui da tempo immemore, ancor prima che i miei avi acquistassero i terreni per edificare la villa.»
    «Sembra una storia interessante.»
    LeonBlack incrocia le mani dietro le schiena. «Quando i miei avi cominciarono i lavori di costruzione, risvegliarono qualcosa di oscuro dalle tenebre. Ben presto gli operai iniziarono a sparire o a morire in circostanze non del tutto chiare. Gli abitanti del paese mormoravano che queste terre fossero maledette, che vi dimorasse il diavolo in persona. Per questo i terreni avevano un valore di poco più di due cavalli all'epoca.»
    «Immagino che la vostra famiglia non sia di queste parti?» domando.
    Lui abbozza un sorriso. «Immaginate bene. Veniamo da un posto molto lontano, in una terra che confina con il paese più popoloso del mondo.»
    Una folata di vento gelido fruscia tra le foglie degli alti arbusti del labirinto e rabbrividisco.
    «Come continua la storia?» chiedo.
    LeonBlack accarezza il braccio caprino della statua. «Il mio avo interpellò il prete del paese per scacciare il diavolo e consacrare queste terre, ma senza successo. Nel frattempo, gli operai continuarono a sparire e morire e presto i pochi rimasti si licenziarono. Così cercò di assumerne altri dai paesi vicini, ma la voce si era ormai sparsa in tutta la regione e nessuno voleva rischiare la propria vita, nemmeno con la paga triplicata.» Gira attorno alla statua con sguardo rapito. «Così abbandonò questi terreni per i due anni successivi finché incontrò una donna. Forse una strega. Gli disse che se avesse costruito un labirinto attorno alla statua, il male sarebbe rimasto incatenato lì dentro.»
    «Sembra più una storia popolare, che una storia vera» rispondo.
    LeonBlack si ferma davanti alla statua con un sorriso. «Da quel dì tutto tornò alla normalità e il mio avo finì di costruire questa villa. Ma l'anno seguente successe qualcosa di molto inquietante.»
    «Cosa?!» domando divorato dalla curiosità.
    «La statua prese vita» risponde LeonBlack con una punta di sinistro orgoglio. «Uccise la servitù nella villa e scese in paese per perpetrare altro massacro. Il mattino seguente erano tutti morti.»
    Lancio un'occhiata al viso demoniaco della statua con soggezione. «Per questo... per questo il paese è abbandonato da allora?»
    LeonBlack annuisce con le mani dietro la schiena. Poi mi fa un cenno con la testa di seguirlo e percorriamo in silenzio l'intricato labirinto. Sembra conoscerlo come le sue tasche e mai una volta dubita dei suoi passi.
    Dopo qualche minuto varchiamo l'uscita e ci dirigiamo lungo un vialetto di ciottoli fiancheggiato da lampioni e querce e giungiamo in un ampio spiazzo di ghiaia. La luna piena si riflette sul telaio delle auto parcheggiate sotto un nero e freddo firmamento senza stelle.
    LeonBlack apre la doppia porta di legno e varchiamo la soglia. Un'ondata di calore mi investe in pieno e scorgo alcune persone nel lussuoso soggiorno adornato di tappeti, tende, mobilio e poltrone ricercate. Mi sembra di essere in un'altra dimensione, in un'altra epoca. In un angolo della stanza vi è un albero di natale addobbato di luci e palle rosse ai cui piedi vi sono sistemati dozzine di pacchi regalo.
    Tutti gli invitati si voltano verso di noi e stringono la mano a LeonBlack con sorrisi amichevoli. Lui si mantiene un po' sulle sue, anche se accenna un sorriso da pubbliche relazioni. Ma gli occhi non sorridono. Si mantengono distanti, quasi freddi. Ma vi è qualcosa in quella distanza che richiede vicinanza.
    «Lui è il nuovo ospite?» domanda un uomo sulla trentina, gli occhi vispi e sardonici. Ogni cosa in lui trasmette un'energia strana, sarcastica, quasi beffarda. Il suo sguardo obliato racconta un certo caos tra il reale e l'onirico.
    LeonBlack annuisce. «AloneintheDark, Lui è...»
    Il giradischi prende a suonare un Jingle Bells distorto, al contrario. Una melodia così inquietante che sembra giungere direttamente da un piano demoniaco.
    Un uomo con una corta barba toglie la puntina dal giradischi che continua a girare a vuoto. Ha il viso gioviale, sui trent'anni,e nei suoi occhi brilla qualcosa di melaconico. Una sorta di profonda tristezza, qualcosa che gli divora l'animo quieto nei giorni anche più colorati.
    «Ogni anno è la stessa storia» dice con un abbozzo di sorriso sincero.
    «Dovresti scriverci una recensione, -Ragnar, e spedirla al diavolo» ghigna AloneintheDark.
    Mi accorgo solo in quel momento che la spina del giradischi giace sul limpido pavimento e sgrano gli occhi dal terrore.
    «Non spaventarti» mi dice una donna con un sorriso binario. La sua età è indefinita in quegli occhi aggressivi al cui interno arde un fuoco primitivo, un fuoco greco che non può essere domato. Ma i suoi occhi raccontano anche una certa insoddisfazione che la cortina di fumo non può celare. «Qui siamo tutti affezionati al giradischi. Ogni natale ci fa uno scherzetto.»
    «Io non ci sono affezionato, SidneyB» risponde AloneintheDark con una punta di sarcasmo.
    La nera atmosfera inquietante che mi ha accompagnato fin dal principio ora si è tinta di strani colori. Ma è proprio in quella stranezza che si annida il terrore. Le facce dei presenti raccontano avvenimenti futuri a me ignoti, eppure vi scorgo chiaramente il finale obliato e l'orrore di cui si nutrono.
    LeonBlack ci invita a seguirlo nella sala da pranzo dove in un grande e accogliente focolare scoppietta un vivido fuoco. La lunga tavola è bandita di ogni sorta di prelibatezza. Omini di Pan di zenzero e bastoncini di zucchero riempiono i vassoi accanto a vini pregiati e carni caprine al sangue di dubbia provenienza.
    Prendiamo lentamente posto sulle siede dai lunghi schienali e proprio allora scorgo sulla parete la testa impagliata di una renna, oltre le spalle di LeonBlack. Altre due renne intere impagliate sono ai due angoli opposti con i musi rivolti l'uno verso l'altro.
    In quei occhi scorgo la morte, una vita spezzata non per puro diletto, ma per il puro male. È la prima volta che percepisco una sensazione così sgradevole da avere conati di vomito. Il mio volto si impallidisce, ma nessuno a tavola si accorge del mio estremo disagio. Sono tutti occupati a parlare, eccetto LeonBlack e -Ragnar avvolti in un inquietante mutismo. Anche se i loro sguardi sembrano persi tra il vociare degli altri, li sento su di me come occhi spettrali che si annidano nelle tenebre.
    Poi una campana risuona diversi rintocchi e tutti smettono di parlare. Una folata di vento gelido spalanca una delle tre finestre, le fiamme del focolare fremano per un momento.
    Una figura incappucciata entra nella sala da pranzo con indosso una lunga veste nera da frate. I suoi piedi scivolano sospesi lungo il pavimento e il suo viso è così nero che sembra inghiottire la luce. Chiude la finestra e svanisce così com'è venuto.
    La campana cessa di suonare.
    «Chi era?» domando.
    Le teste di tutti scattano verso di me con un scricchiolio d'ossa e sussulto per lo spavento. È inquietante, come inquietanti sono i loro freddi sorrisi.
    «Egli è un ospite a noi molto caro» dice LeonBlack con sguardo assente. «Egli è sempre stato qui. È sempre lo sarà. Ha molti nomi, ma noi lo chiamiamo...»
    Di nuovo la campana. Rintocchi frenetici, distorti, come un campanello agitato da una mano gigante. Le fiamme del camino fremono e le luci dell'enorme lampadario sfarfallano senza sosta.
    Poi l'oscurità inghiotte ogni cosa.
    Mi sento morire. Il cuore mi martella nel petto, mani e gambe mi tremano e lo stomaco mi si contorce per il terrore.
    Quando faccio per alzarmi, l'oscurità di dilegua e torna la luce. Le sedie sono vuote, il tavolo coperto da un lenzuolo bianco. Scatto in piedi e la sedia cade sul pavimento, sollevando una nube di polvere. Il rumore riverbera a lungo negli ampi saloni fino a scomparire.
    Cosa diavolo è successo? Dove sono tutti?
    Sul tavolo scorgo una lettera. È la stessa lettera che mi è stata recapitata una settimana fa da un ignoto destinatario che si firmava LB.
    LeonBlack.
    Come ho fatto a non pensarci prima?
    «Vi invito formalmente alla festa che si terrà la sera del 25 dicembre nella mia tenuta a HDPVille. Sarei felice se onoraste il mio invito.
    Vi aspettiamo.
    - LB.»
    La lettera si incenerisce tra le mie dita e indietreggio sconvolto. Tutto questo non ha senso, come non ha senso la mia presenza. Perché mi hanno invitato? E perché non ricordo nemmeno il viaggio per arrivare alla tenuta?
    Il mio ultimo ricordo è una tazza di tè verde fumante e la lettera. Quella dannata lettera. Poi mi ritrovo a parlare con LeonBlack davanti a quella mostruosa statua. Conosco persino il suo nome. Com'è possibile?
    Qualcosa mi afferra le caviglie e crollo di faccia sul pavimento. Appena mi volto, la cosa mi trascina all'indietro a una velocità impensabile per un uomo e mi ritrovo in un nero tunnel infinito ai cui lati si susseguono varie macchie biancastre.
    Non riesco a muovere un dito, completamente inerme nelle mani del fato.
    Poi tutto si oscura e mi ritrovo seduto nella sala da pranzo. Gli invitati sono tutti al loro posto e conversano tra risate e battute, eccetto LeonBlack e -Ragnar. Mi sembra di rivivere la stessa scena avvenuta poc'anzi, solo che avverto i loro occhi penetrarmi fin dentro le ossa.
    Quando faccio per alzarmi e andarmene da questa cena inquietante, LeonBlack alza una mano e tutti si ammutoliscono. «Vi starete domandando il motivo della vostra presenza in questa deliziosa serata, nevvero?»
    Lo guardo senza proferire parola.
    «Il bian coniglio fugge dal cappello del mago solo per ritrovarsi in un altro cilindro» sghignazza AloneintheDark.
    «Una lama può ferire e uccidere in molti modi, ma una penna può annientare lo spirito» dice -Ragnar.
    «Un libro seppellisce nelle sue pagine il lettore a cui ha divorato il cuore» dice SidneyB.
    «Qual è la vera risposta?» mi chiede LeonBlack.
    Passo lo sguardo su tutti loro. Mi sembra di impazzire. Più li osservo, più dalle loro spalle si leva un'oscurità sconfinata. Un male così enorme da soggiogarmi i pensieri e ghermirmi l'anima.
    Scatto in piedi e mi precipito verso l'uscita in preda al terrore più nero. Appena sono vicino all'arco che dà sull'entrata, l'uomo incappucciato sbuca da dietro il muro e mi blocca la strada.
    Sussulto con il cuore in gola.
    Quello se ne sta fermo davanti a me con le maniche della veste allineate sotto il petto. Il tanfo di putrefazione mi pervade le narici e vengo scosso da improvvisi conati di vomito. Mi tappo il naso con le mani e mi allontano verso la finestra tra gli sguardi apatici dei commensali.
    Tento di aprire la finestra per fuggire, ma è bloccata. Così cerco di fare altrettanto con le altre due, ma è inutile. Sono in trappola.
    Mi volto.
    La sala da pranzo è mutata drasticamente. Lungo le pareti corrono e lampeggiano le luci di natale. Disegni di renne, omini pan di zenzero e bastoncini di zucchero tempestano ogni centimetro del muro. Il lungo tavolo è sparito e al suo posto si trova un enorme albero di natale attorniato da teste mozzate infiocchettate. Sulle loro fronti sono incise col sangue delle strane figure geometriche con una croce capovolta nel mezzo.
    L'uomo incappucciato è lì davanti assorto in una preghiera inquietante.
    Poi una cantilena prende a suonare tutt'attorno. Sembra giungere dalle pareti. No, giunge da dentro la mia testa. Voci di bambini, pianti di neonati, urla di dolore.
    Mi precipito verso l'uscita, ma qualcosa mi scaraventa contro il muro e mi tiene immobile.
    La figura incappucciata si fa il segno della croce e mi raggiunge. «Itaeb ilg itativni alla atsef led erongis» mormora con una profonda e distorta voce demoniaca.
    «Beati gli invitati alla festa del Signore» echeggia una voce nella mia testa. È LeonBlack. Esce da dietro le spalle dell'essere incappucciato con un mesto sorriso sinistro. «Il tempo è giunto.»
    Un assordante boato scuote il pavimento e le pareti, le finestre vanno in frantumi e un'intensa luce rossastra invade il salone. Tento di divincolarmi dalla stretta morsa invisibile che mi incatena al muro, ma è tutto inutile.
    Poi un ruggito terrificante si propaga tutt'attorno e i miei pensieri vanno subito alla mostruosa statua, al racconto di LeonBlack. Quella cosa sta venendo da me. Lo avverto come il male che striscia contorto nella mia mente.
    L'abbagliante luce rossastra si affievolisce e oltre le spalle di LeonBlack scorgo -Ragnar, SidneyB e AloneintheDark. Mi fissano con sguardi apatici mentre la figura incappucciata fluttua davanti a loro.
    Attendono il principio e la fine, la morte e la vita. I loro occhi mi parlano silenti in una lingua a me ignota, eppur mi giungono cristalline e gelide come il mare d'inverno.
    L'uomo incappucciato si volta verso l'ingresso, seguito dagli altri. Una sagoma alta quasi tre metri se ne sta ferma nella penombra, gli occhi gialli che squarciano il velo dell'oscurità e mi scrutano l'anima.
    Sento l'assoluto male strisciare lungo le mie gambe, risalire lentamente verso la mia testa come tentacoli invisibili. Mi dimeno, urlo, ma è tutto inutile. Quegli occhi diventano giganti, invadono il salone, lo inghiottono e mi ritrovo a caderci dentro. Una caduta infinita verso un puntino arancione sullo sfondo. Un precipizio di dolore che mi lacera la pelle. E più mi avvicino a quel puntino, più il dolore si fa lacerante.
    Non riesco a pensare ad altro.
    Poi infinite mani putrefatte sbucano ai lati e mi avvinghiano le braccia, le unghia livide affondano e raschiano la mia carne. Urlo con tutta la voce che ho in corpo, ma una mano ossuta si infila nella mia bocca e scende in profondità.
    Mi divincolo come un forsennato in preda all'orrore più primitivo e mi ritrovo catapultato all'inizio del labirinto di cespugli.
    Mi volto verso l'uscita, ma è sbarrata da una cancellata divorata dalla ruggine. Oltre si trovano LeonBlack, -Ragnar, SidneyB e AloneintheDark.
    Afferro le sbarre del cancello e lo scuoto con tutta la forza che possiedo. «Fatemi uscire, vi prego!»
    AloneintheDark abbozza un ghigno compiaciuto, poi inizia a sghignazzare come una iena.
    LeonBlack mi allunga una strana pietra pentagonale al cui centro vi è incisa la scritta HDP. «Dietro la nuca della statua vi è una fessura. La pietra va inserita in quel punto.»
    Prendo la pietra e me la raggiro in mano. Quando faccio per parlare, -Ragnar mi afferra il polso e mi mette una chiave nell'altra mano con sguardo spiritato. «Incontrerai qualcuno nel tuo cammino. Rendigli questa chiave. Lui ti mostrerà la via.» E molla il mio braccio con uno strano sorriso.
    «Non... non capisco» balbetto confuso. «Perché... perché lo devo fare?»
    Loro mi fissano per un attimo, poi si voltano e si allontanano insieme agli altri verso la nebbia che scivola nella mia direzione come acque che strabordano da un fiume.
    «Aspetta!» grido, ma la foschia li ha già inghiottiti.
    Scuoto per l'ultima volta la cancellata e mi giro. Il corridoio del labirinto prosegue dritto ammantato dalla nebbia. Non ricordo quali svolte abbia preso LeonBlack dal centro del labirinto fino all'uscita e mi danno l'anima per non averlo fatto. Così mi incammino in quella nebbia che sembra celare muti osservatori atavici.
    La strada mi conduce a diversi bivi e vicoli ciechi. E più di una volta mi ritrovo al punto di partenza senza sapere nemmeno come ci sia arrivato. Osservo pensieroso la strana pietra pentagonale e la chiave e ricomincio a camminare.
    Dopo un lungo vagare in quella sinistra foschia, inizia a nevicare e mi fermo a pochi metri da una capanna di legno innevata sul cui portico corrono le luci di natale. Pupazzi di neve fiancheggiano il corto vialetto che conduce alla casa dalle cui finestre scorgo il bagliore di un fuoco. Cosa ci fa una capanna dentro un labirinto di arbusti? E da dove arriva tutta questa neve?
    La nebbia si dirada come spazzata via da qualcosa e scorgo del fumo nero uscire dalla canna fumaria.
    Raggiungo il portico e spio da una finestra. D'un tratto la tenda viene tirata di fronte al mio viso e sussulto per lo spavento.
    Resto immobile a fissare la porta in attesa che qualcuno esca da lì, ma rimane chiusa. Così mi avvicino timidamente e busso, la porta si spalanca con uno scricchiolio sotto la pressione delle mie nocche.
    «C'è qualcuno?» domando.
    Il fuoco del camino si spegne di colpo come se qualcuno ci avesse soffiato sopra. L'intera stanza è addobbata di luci di natale lungo le pareti, renne a dondolo sulle cui corna ciondolano bastoncini di zucchero e un tavolo strapieno di omini di pan di zenzero.
    Mi sembra di essere in uno strano film dell'orrore di cui conosco già la conclusione ancor prima di arrivare al finale. La mia curiosità o stupidità prenderà il sopravvento e mi farò ammazzare come un idiota appena varcherò la soglia.
    È risaputo che finirà così.
    «Chi sei?» chiede una voce alle mie spalle.
    Sussulto e mi giro con il cuore in gola. I miei occhi osservano un uomo alto e paffuto, con un ventre tondo e una cespugliosa barba bianca su un volto arrossato. Indossa una giacca e pantaloni rossi sotto stivali neri.
    «Tu... tu sei...» balbetto. Poi le parole di -Ragnar mi ritornano in mente come un fulmine al ciel sereno e apro il palmo della mano.
    Babbo Natale guarda dapprima la chiave, poi me con aria sorpresa. «Dove l'hai presa?» Prima che potessi rispondere, lui me la strappa di mano e mi sposta da parte con una manata. Corre goffamente verso la porta dall'altra parte della stanza e ci infila la chiave. Appena la gira, qualcosa lo scaraventa lontano e la porta prende fuoco. Le fiamme lambiscono il soffitto e si allungano nella camera in sbuffi di fumo.
    «Oh! Oh! Oh!» ghigna una voce demoniaca tutt'attorno. È simile alla voce dell'uomo incappucciato. Forse è proprio lui.
    Babbo Natale si alza, gonfia il petto e getta un soffio così gelido che le fiamme si cristallizzano in un attimo.
    Rimango esterrefatto. Cosa diavolo è successo? È una scena così surreale e demenziale che mi sembra davvero di essere in un film di quart'ordine. E questo mi fa anche dubitare di tutto ciò che è successo al principio.
    Babbo Natale raggiunge lo squarcio congelato nella porta e ci scruta dentro. Poi si gira verso di me. «La chiave. Dove l'hai presa?»
    «Me l'ha data...» balbetto ansioso. «Me l'ha data Ragnar. Ha detto che avrei incontrato qualcuno a cui renderla.»
    Babbo Natale si gira la chiave tra le dita. «Questa chiave mi ha tenuto incatenato qui per secoli. A lungo ho cercato un modo di lasciare questo posto e ogni volta ritorno qui. Qualcosa vuole che resti confinato in quest'incubo.» Si acciglia pensieroso. «Se hai incontrato Ragnar, allora hai incontrato anche gli altri tre? I quattro pilastri, i segugi delle tenebre.»
    Corrugai la fronte confuso. «Cosa? I quattro pilastri?» domando.
    «Sono stati costoro a generare quest'incubo» dice Babbo Natale. «E sempre costoro mi hanno intrappolato qui secoli or sono. Il motivo? Mi sfugge. Ma in tutti questi anni di esilio ho maturato un pensiero. Costoro anelano a un mondo nero, popolato da ombre e spettri. Sangue e morte. Rifuggono dal bene come demoni dalla luce angelica.»
    «LeonBlack e Ragnar mi vogliano aiutare» rispondo.
    Babbo Natale sbuffa in una risata divertita che gli fa traballare il ventre tondo. «Costoro non vogliono aiutarti, ma usarti. Ragnar ti ha dato questa chiave per un motivo preciso, distruggere questa capanna. Sapeva che l'avrei usata per aprire questa porta, ma non immaginava che conservassi ancora il gelo primordiale.»
    «Per questo la porta ha preso fuoco?» chiedo ancora più confuso.
    «Sì, le fiamme dovevano divorare tutto e lasciarmi alla loro mercé. Ma ora sono libero e posso finalmente tornare a casa. E tutto grazie a te.»
    «Hai fatto tutto tu» dico.
    «Tu hai portato la chiave» risponde Babbo Natale. «Non importa come l'hai ottenuta o chi te l'ha data. Sei giunto qui da me. Hai trovato la strada per raggiungermi. Questo significa molto.»
    Eppure vi è qualcosa che non torna. Ragnar mi è sembrato sincero, così come LeonBlack. Mi hanno dato due oggetti che mi avrebbero aiutato a fuggire, oppure no?
    Non hanno mai accennato a una fuga. Forse Babbo Natale ha ragione. Non vogliono aiutarmi, ma usarmi. Per cosa?
    Non ci capisco più niente.
    «Attraversiamo lo squarcio nella porta» dice Babbo Natale. «Non abbiamo molto tempo. Presto ci verrano a cercare. E questa è la mia unica occasione di fuga.»
    «Di cosa parli?» chiedo turbato.
    «Non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo andare. Ora!»
    Lo seguo nello squarcio in sovrappensiero e sbuchiamo in un corridoio del labirinto.
    Babbo Natale è sparito.
    Anche lo squarcio nella porta e la casa sono spariti e mi ritrovo dirimpetto a un vicolo cieco.
    Mi volto.
    Qualcuno sbuca in fondo al sentiero. È Babbo Natale. Resta fermo a fissarmi mentre gli vado incontro. Appena gli sono a diversi metri di distanza, prende a decomporsi. La pelle gli si stacca dal viso arrossato, le unghia si allungano orrendamente e due corna caprine gli spuntano dalle tempie rugose. Giacca e pantaloni si strappano sotto la pressione del fisico caprino che si irrobustisce sempre di più.
    È la statua.
    Quella cosa.
    Il mostro incatenato nel labirinto.
    La cosa è sempre stata Babbo Natale? Oppure è solo un terrificante scherzo di quella cosa per farmi avvicinare?
    Poi i miei occhi incrociano il giallore dei suoi. Non voglio essere risucchiato un'altra volta nei suoi anfratti. Distolgo lo sguardo e arretro.
    La cosa corre verso di me, la terra che trema sotto i suoi passi pesanti. Mi giro verso la fine del vicolo cieco in preda al terrore, ma con mio grande stupore scorgo una strada. Come può essere?
    Mi precipito in quella direzione senza starci troppo a pensare e svolto a destra. Sento il suo alito pestifero dietro le spalle, le sue tenebre avvinghiarmi il cuore. Percorro corridoi e svolto gli angoli senza mai fermarmi. Il costato comincia a farmi male per lo sforzo e un sapore metallico mi pervade la gola.
    Non c'è la faccio più. I muscoli delle gambe mi tirano e mi manca il fiato. Mi fermo senza rendermene conto e mi curvo in avanti per respirare. Ho totalmente dimenticato quella cosa alle mie calcagna. Sono troppo stanco.
    Quando mi volto nella direzione da cui sono arrivato, la strada è deserta. Una foschia sinistra rasenta il sentiero di ciottoli e mi avvinghia lentamente. Dov'è finita quella cosa?
    Mi giro e mi accorgo di essere al centro del labirinto. Non so come ci sia arrivato, ma sospetto che sia stata la volontà del labirinto a condurmi qui. Mi ha spinto inconsciamente nella direzione giusta. Non so come faccio a saperlo, ma lo so.
    La statua mostruosa si erge lugubre dietro la piattaforma di marmo al cui centro vi è un altare di granito. Ogni centimetro di quest'antro inquietante è puntellato di luci rosse di natale, due alberi di natale ai lati della piattaforma e omini pan di zenzero e bastoncini di zucchero strabordano dall'altrare. Un cappello da babbo natale è posato sulla testa della statua ai cui piedi il giradischi della sala da pranzo suona un jingle bells distorto, al contrario.
    È tutto così diverso dalla prima volta che sono stati qui con LeonBlack.
    Osservo la strana pietra pentagonale in mano e mi avvicino alla statua. I suoi occhi giallastri sembrano seguirmi in un tetro silenzio.
    Appena giungo alle sue spalle, la cosa sbuca dalla strada da cui sono giunto e sobbalzo dal terrore. La pietra mi cade sui ciottoli e la cosa la fissa per un attimo. Poi lancia un potente ruggito gutturale che mi fa tremare il cranio e si lancia verso di me.
    Raccolgo rapidamente la pietra, salgo sul piedistallo della statua e la inserisco nella nuca. La statua inizia a vibrare, a tremare e qualcosa mi scaraventa contro la parete di arbusti.
    La creatura si ferma di colpo e la statua implode in mille pezzi. I cocci la trafiggono da parte a parte e crolla di spalle sui ciottoli.
    Mi alzo in piedi e mi pulisco la povere di dosso. La cosa giace ai piedi della piattaforma, sotto il cui corpo caprino si allarga una pozza di sangue nero.
    «Mi congratulo con voi» dice una voce. Alzo lo sguardo e LeonBlack si ferma ai piedi della cosa assieme agli altri.
    «Cosa ci fate qui?» chiedo a tutti loro. «Non siete andati via?»
    LeonBlack abbozza un mesto sorriso. «Siamo sempre stati qui. Siamo aria e polvere, sangue e ossa.»
    «Cosa vuoi dire?» chiedo turbato e un po' irritato dal suo modo di parlare criptico.
    Lui ignora la mia domanda. «Vi ho invitato qui per un motivo.» Indica con la testa il cadavere della cosa. «Siete riuscito laddove altri hanno fallito e il nuovo ciclo può avere inizio. Peccato per Babbo Natale... Avevo grandi progetti per lui.»
    Li fisso in preda all'ansia. I loro occhi si stringono in due fessure abissali.
    AloneintheDark squarcia il petto della creatura con un mano e tira fuori una cosa gocciolante che assomiglia vagamente a un cuore. Mentre smorzo un conto di vomito, lui raggiunge l'altare di granito, spazza via con una manata i bastoncini di zucchero e gli omini pan di zenzero e ci posa il cuore. «Buon Natale! Buon Natale a tutti!» sghignazza come una iena. «Elgnij slleb! Elgnij slleb!» ripete al contrario assieme al giradischi. «Jingle Bells! Jingle Bells!»
    -Ragnar stacca il cranio della creatura e se lo mette in testa, il sangue che gocciola dai filamenti di pelle sul suo petto e spalle.
    Indietreggio sconvolto e urto contro qualcosa. Appena mi volto, SidneyB mi recide la gola con l'unghia affilata del suo indice. Il sangue le schizza in faccia e si lecca gli angoli della bocca.
    Arretro di qualche passo, poi crollo in ginocchio con le mani premute sulla ferita.
    SidneyB mi tiene la testa alzata con un mano e LeonBlack si ferma davanti a me. Lo fisso con gli occhi sbarrati dal terrore. Cerco di parlare, ma boccheggio, sputo e affogo nel mio stesso sangue.
    LeonBlack incrocia le mani dietro la schiena con sguardo vacuo. «Vi ringrazio per aver accettato il mio invito. Sappiate che la vostra morte servirà uno scopo più grande. Credetemi, la vostra fine non era contemplata nei nostri piani. Doveva esserci Babbo Natale al vostro posto, ma si è dimostrato un avversario piuttosto astuto.»
    Alle sue spalle sbuca la figura incappucciata. Mi posa la gelida mano cadaverica sulla fronte e un violento brivido mi percuote dalla testa ai piedi. Cado sul fianco e osservo le eleganti scarpe nere di LeonBlack.
    Perché? Perché hanno scelto me? Perché hanno aspettato che consegnassi la chiave a Babbo Natale e infilassi la pietra pentagonale dietro la nuca della statua? Perché non l'hanno fatto loro?
    LeonBlack si china su di me e mi fissa negli occhi. «Non possiamo» risponde mentalmente. «Un portatore deve affrontare il viaggio. Eliminare il vecchio per il nuovo. Sei stato scelto come tanti altri prima di te. E tanti altri prima di te sono periti durante il cammino. Ora fai parte di questo luogo. Diverrai questo luogo. Il fato ti arride.»
    Ma le sue parole mi giungono distanti e fatico a tenere gli occhi aperti. Ho tanto sonno.
    «Oh! Oh! Oh!»
    Non mi importa più di niente.
    «Buon natale!»
    Voglio solo dormire.
    «Oh! Oh! Oh!»
    Solo per un po'.
    «Chi è questo bel bambino?»
     
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    Svanirò alla luce del mattino; non ero altro che un'invenzione dell'oscurità.

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    Ottimo racconto ben articolato, ci sono gli elementi che servivano alla composizione del lavoro e non sono elementi marginali, ma sono ben presenti e protagonosti, l'intento di terrorizzare c'è e l'inquietudine è palpabile ad ogni rigo.
    Essendo tu la vittima di questo contest non potevi non partecipare anche se non hai scritto esplicitamente la parola magica.
    Tutto il contest, il giornale, la radio e persino il forum sono un inganno e tu ci sei cascato, in questo periodo Sidney fa la manicure di proposito, è già dietro di te.
     
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    Finalmente sono uscito dal labirinto e posso condividere la mia opinione.

    Complimenti per questo fantastico racconto, scritto in modo eccellente (a parte qualche errore di battitura) e davvero coinvolgente! Grazie per averci inserito nella storia (farò la recensione della canzone al contrario; mi sembra che sia stata composta da L'Aaron I. Il finale è molto impattante.
     
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    QUOTE (Anita29 @ 29/12/2023, 20:37) 
    Indovina?

    Anita hai letto tutto spero, come ho fatto io.

    Lo stile letterario? Diciamo Poe con una spruzzata di Clive Barker.
     
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    io ho cercato raga , ci ho davvero provato, ma è stata dura leggere tutto tutto.... scusate, è colpa mia, non ce la faccio, soprattutto in questo periodo che sto passando, la concentrazione non c'è, e ho spesso dissociazioni.
     
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    QUOTE (Anita29 @ 6/1/2024, 15:41) 
    io ho cercato raga , ci ho davvero provato, ma è stata dura leggere tutto tutto.... scusate, è colpa mia, non ce la faccio, soprattutto in questo periodo che sto passando, la concentrazione non c'è, e ho spesso dissociazioni.

    Non importa, sono certo che il Nuovo Cerbero apprezzerà lo stesso lo sforzo. Ha comunque scritto una bella storia, stavolta evitando i troppi spostamenti dei suoi eroi che talvolta fanno girare la testa 😄. Tutto si svolge in un perimetro più delimitato, continui così (è il mio umile suggerimento).
     
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    ma tanto noi utenti non dobbiamo votare giusto? ho capito bene?
     
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    QUOTE (Anita29 @ 6/1/2024, 15:51) 
    ma tanto noi utenti non dobbiamo votare giusto? ho capito bene?

    Io ho capito che votano solo gli admin e il moderatore, boh.

    Chiedo lumi, io comunque ho letto e guardato tutto, poi fa lo stesso.
     
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    ok allora ho capito bene anche io
     
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    Ottimo racconto ben articolato, ci sono gli elementi che servivano alla composizione del lavoro e non sono elementi marginali, ma sono ben presenti e protagonosti, l'intento di terrorizzare c'è e l'inquietudine è palpabile ad ogni rigo.
    Essendo tu la vittima di questo contest non potevi non partecipare anche se non hai scritto esplicitamente la parola magica.
    Tutto il contest, il giornale, la radio e persino il forum sono un inganno e tu ci sei cascato, in questo periodo Sidney fa la manicure di proposito, è già dietro di te.

    Grazie amico bianconiglio. Era solo un dono spensierato, non una partecipazione.
    Ma Lui è finito comunque nelle grinfie degli admin ed è stato costretto a partecipare per non essere il nuovo protagonista di Hostel e The Human Centipede, scritto e diretto da Anituccia.


    CITAZIONE
    io ho cercato raga , ci ho davvero provato, ma è stata dura leggere tutto tutto.... scusate, è colpa mia, non ce la faccio, soprattutto in questo periodo che sto passando, la concentrazione non c'è, e ho spesso dissociazioni.

    A Lui dispiace che tu abbia problemi di concentrazione. Comunque a Lui è bastato già il tuo interesse, amica Anituccia.

    CITAZIONE
    stavolta evitando i troppi spostamenti dei suoi eroi che talvolta fanno girare la testa 😄

    Per Lui è un bel complimento, perché l'intento dei suoi deliri e non far capire niente come non capisce niente già di suo, amico Blacky.

    CITAZIONE
    Finalmente sono uscito dal labirinto e posso condividere la mia opinione.

    Complimenti per questo fantastico racconto, scritto in modo eccellente (a parte qualche errore di battitura) e davvero coinvolgente! Grazie per averci inserito nella storia (farò la recensione della canzone al contrario; mi sembra che sia stata composta da L'Aaron I. Il finale è molto impattante.

    Grazie amico Rag!
    Sarà la colonna sonora del film, dice. Vincitrice dell'oscar come miglior colonna sonora. Prodotto da Anituccia e diretto da M. Night Shyamalan per HDPFLIX Prime.
    Trailer Universal HPD.
    Toc Toc.
    Chi è?
    Io. Apri.
    TZZZZZZZZ.
    Non si apre.
    Spingi più forte che a volte si blocca.
    Ok.
     
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    non dispiacerti, del resto le medicine mi hanno tenuta in vita, quindi ringrazio.
     
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    Azathoth - il Dio Sultano

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    Anita cara non ti preoccupare, come vedi non ti chiediamo alcunché sulle opere suggerite o su quelle che hai ricevuto in regalo, se riuscirai a finire qualcosa sarai tu stessa a informarci, altrimenti leggerai solo le storie/poesie più brevi che trovi anche qui.

    Io ho solo espresso l'opinione che confermo che ti sarebbe piaciuto il romanzo della morte di Poirot in quanto vicino più a uno horror metafisico che a un giallo classico. Non si tratta per niente di un comune assassino e anche Poirot deve rincorrere a estremi rimedi mai usati nella sua carriera, e non dico nemmeno se esce vincitore o sconfitto.
     
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12 replies since 14/12/2023, 00:29   165 views
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